Cosa sono gli additivi alimentari? E perchè è importante conoscerli? Gli additivi alimentari sono delle sostanze che vengono aggiunte agli alimenti per soddisfare alcune esigenze tecniche e sono raggruppati in base alla funzione che svolgono una volta aggiunti al cibo, ad esempio coloranti, stabilizzanti, addensanti, gelificanti, antiagglomeranti, agenti che modificano la lucentezza, gas d’imballaggio e propellenti. Solo le sostanze che normalmente non sono consumate come alimento o che non sono dei tipici ingredienti degli alimenti, sono classificati come additivi. Nell’ Unione Europea, vi sono tre direttive che stabiliscono la lista degli additivi che si possono utilizzare (escludendo gli altri), gli alimenti in cui essi si possono utilizzare e la quantità massima. Gli additivi considerati sicuri per l’utilizzo nel cibo sono contrassegnati da una sigla: E-numero (E per Europa), che è anche un modo semplice e conveniente per etichettare gli additivi permessi nei diversi Paesi Europei. Vediamone alcuni fra i più comuni: Coloranti Si tratta di sostanze naturali o di prodotti di sintesi chimica che solo in alcuni casi esercitano qualche azione nutrizionale come avviene per esempio con i carotenoidi che hanno un’azione provitaminica. Nella maggior parte dei casi non hanno alcun effetto ma, a dosi molto elevate, possono provocare dei danni. Proprio per questo motivo, per i diversi coloranti, vi sono delle dosi accettabili giornaliere che non dovrebbero essere superate. Alcuni ricercatori recentemente hanno condotto uno studio somministrando ad alcuni bambini alimenti contenenti coloranti il cui impiego come additivo alimentare è consentito ed anche il conservante benzoato. Gli autori dello studio hanno osservato nei bambini delle modificazioni nei comportamentamentali che sono state attribuite proprio alla grande quantità di coloranti ingerita.Lo studio ha sollevato molta preoccupazione nell’opinione pubblica e l’EFSA (Autorità Alimentare Europea) ha esaminato i dati sperimentali disponibili; si è giunti alla conclusione che fosse necessario abbassare le dosi accettabili giornaliere di alcuni di questi coloranti. Per legge la presenza di coloranti negli alimenti deve essere riportata in etichetta. Come per gli altri additivi si utilizza la sigla E seguita da un numero. I coloranti presentano numeri da 100 a 197 (ad esempio E 131 è il Patent blu, mentre E 150 è il caramello). Nelle etichette però non è specificato il contenuto dei singoli coloranti e quindi il consumatore non è in grado di capire se la quantità che viene assunta è nell’ambito della dose accettabile giornaliera. Alcuni coloranti sono nascosti in alimenti di cui non ne sospettiamo affatto la presenza: ad esempio il caramello si trova nelle bevande analcoliche “nere”, in molti dolciumi, in alcune salse, ecc. Non sapendo quanto ne è contenuto nei singoli alimenti non è possibile regolarsi sulle quantità che vengono assunte. Può essere utile leggere le etichette e controllare la presenza o meno di coloranti e, possibilmente, se uno stesso colorante è presente in più alimenti: in questi casi potrebbe essere opportuno rinunciare a consumarne qualcuno. Stabilizzanti Molti alimenti contengono una miscela di olio e acqua, nota come emulsione. Le emulsioni sono composte da sostanze chiamate emulsionanti, che permettono all’acqua e all’olio di mischiarsi assieme. Gli stabilizzanti sono utilizzati negli alimenti quali la maionese, la vinaigrette e i gelati per evitare che le varie sostanze si separino e così mantenere le proprietà fisiche e la composizione dei cibi. Tra i più comuni agenti stabilizzanti ci sono la farina di semi di carruba (E410) e gli alginati (E400-404). Addensanti Gli addensanti vengono aggiunti agli alimenti liquidi per aumentarne la viscosità, e generalmente sono costituiti da carboidrati (ad esempio l’idrossipropil metil cellulosa, E464). Gli addensanti a base di carboidrati rendono più densi i liquidi durante la cottura, quando i granuli di amido di cui i carboidrati sono composti assorbono l’acqua e rigonfiano. Questo processo causa l’intrappolamento di molecole d’acqua da parte dei granuli d’amido causando l’addensamento dei liquidi. Gli addensanti sono aggiunti ad una discreta quantità di cibi compresi salse e sughi. Agenti Gelificanti Gli agenti gelificanti sono utilizzati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi, e per aggiungere consistenza. Anche se il loro scopo è molto simile a quello degli addensanti, gli agenti gelificanti formano gelatina, come suggerisce il nome. Gli agenti gelificanti sono generalmente proteine o carboidrati che quando vengono disciolti in liquidi formano una rete tridimensionale all’interno del liquido. Questo crea un alimento unico, che ha un aspetto solido, ma è composto per la maggior parte del liquido, ad esempio le gelatine, le marmellate e le confetture. Tra gli agenti gelificanti troviamo la pectina (E440) e i carragenani (E407). Agenti Antiagglutinanti Gli alimenti granulari o in polvere sono predisposti ad assorbire l’umidità, appiccicandosi e formando degli agglomerati, noto come agglutinazione. Questo rende molto difficoltoso l’uso di questi alimenti poiché non possono essere pesati, sparsi o miscelati uniformemente. Le sostanze antiagglutinanti rivestono le particelle alimentare e assorbono l’eccesso di umidità. Questa azione repellente nei confronti dell’umidità dalla superficie degli alimenti aiuta a prevenire l’agglutinazione e a mantenerne le caratteristiche suddette. Uno degli agenti agglutinanti più utilizzati è il silicato di calcio (E552), utilizzato per prevenire l’agglutinazione del lievito e del sale. Agenti Glassanti Gli agenti glassanti si usano per rendere brillante, lucido e protettivo il rivestimento degli alimenti, quali confetture, frutta e prodotti da forno. Gli agenti glassanti comuni sono la cera d’api (E901), la cera di Carnauba (E903) e gli acidi grassi (E570). L'occhio vuole la sua parte e il colore degli alimenti è sicuramente un ottimo mezzo promozionale, ma i consumatori dovrebbero imparare a conoscere i colori naturali come, ad esempio, gli alimenti e le bevande a base di menta che non debbono essere necessariamente verdi, così come gli aperitivi non debbono essere esclusivamente rossi o le cole nere o i gelati alla frutta che spesso riportano colorazioni accese, poco veritiere e quindi non del tutto naturali.
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Esistono in commercio una grandissima quantità di marchi di farine e di prodotti da esse derivati e questa varietà spesso non consente di comprenderne l'origine e non ci permette di farne una corretta classificazione; tutt'altro invece la miriade di scelta crea una tale confusione fra i consumatori che sono guidati all'acquisto solo dalle etichette, spesso fuorvianti ed incomplete, e da nomi noti delle industrie alimentari. L'essere umano coltiva cereali da secoli. Purtroppo negli ultimi decenni con cambiamenti importanti nelle metodologie agronomiche hanno portato ad una selezione genetica di questi conducendo alla produzione di grani "moderni", caratterizzati da alte produttività, dunque maggior profitto, grazie all’uso di fertilizzanti industriali, ma di scarsa qualità. Un'evidente modificazione genetica è rappresentata dal nanismo, con piante alte poche decine di metri rispetto a quelle dei grani antichi che arrivano all’altezza di circa un metro. Khorasan (comunemente chiamato Kamut), Gentil Rosso, Farro Dicoccum, Farro Spelta, Farro Monococcum, Senatore Cappelli. Sono un piccolo elenco di alcuni dei Grani Antichi. Ma cosa sono esattamente? Sono quei grani che sono rimasti originali, che non hanno subito nel tempo interventi di selezione da parte dell’uomo; in poche parole sono rimasti così come madre natura li ha creati, senza essere alterati da modificazioni genetiche." Perchè ricercare questi grani? Perchè sono varietà di grano altamente digeribili, a basso contenuto di glutine e coltivati rigorosamente secondo i principi dell’agricoltura biologica. Dove li troviamo? Nei vecchi mulini, nei mercatini rionali, negozio bio e online. Le aziende produttrici purtroppo non sono molte ad esempio il Saragolla, (grano duro), il Solina (grano tenero), il Gentil rosso (grano tenero) e il Risciola (grano tenero). In Toscana c’è una grande produzione di grani antichi autoctoni come Verna , Gentil rosso, Inalettabile e il Sieve e ancora, Etrusco e Farro Monococco. Generalmente le farine ottenute, valorizzate dal metodo tradizionale di molitura a pietra, sono trasformate in pane con il preziosissimo lievito madre tramandato da oltre un secolo. Protagonista anche la cultura cerealicola siciliana. Dunque i Grani Antichi sono cereali integrali il cui glutine è considerato “non tenace” e sono sicuramente più nutrienti di quelli moderni. In commercio vi sono molte etichettature che spopolano aggiungendo slogan come BIO, NATURALE, INTEGRALE... Di fatto, a parte i cereali e le farine con bollini di certificazione e quelli provenienti da mulini locali, il resto è frutto di fantasiose invenzioni composte da miscele di farine raffinate e con qualche frammento di crusca integrale, che hanno poco a che fare con il vero integrale. Questo sistema viene certamente imbastito in modo ingannevole per aumentare le vendite e cavalcare l'onda del Biologico. Inoltre, se pensiamo nei tempi passati la Celiachia non esistesse ci sbagliamo: c'era sicuramente ma con l'introduzione dei grani moderni la qualità del glutine è molto peggiorata con la selezione fatta dall'uomo causando, in concomitanza con altri fattori, un aumento spropositato di casi di intolleranza al glutine. Dati alla mano (Fonte: IlFattoAlimentare: "..un italiano su 100 è celiaco, cioè ha un’infiammazione cronica dell’intestino tenue, causata dal glutine. Nell’organismo dei celiaci questa proteina scatenano una risposta autoimmune e la conseguenza è un danno alla mucosa intestinale, compromettendo l’assunzione di altri nutrienti..Esiste poi la sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), una sorta di reazione avversa al glutine con manifestazioni molto più leggere della celiachia, di cui però non si hanno molte certezze..") Dove si trova il famigerato Glutine? Osservando il disegno notiamo che non è contenuto in tutto il chicco di grano bensì soltanto nell'Endosperma (porzione interna del chicco) e prima ancora che esso si formi vi sono due precursori proteici: gliadina e glutenina che devono interagire fra loro, con l'aiuto di acqua ed energia. La pericolosità della Dieta GLUTEN-FREE: Perchè questa moda sta diventando così pericolosa? Pensando di farsi del bene, molti consumatori stanno eliminando dalle loro tavole, senza nessun motivo apparente, tutto ciò che contiene Glutine, pensando di fare la cosa più giusta. In realtà non è così. Si rischia infatti di non raggiungere un adeguato apporto di carboidrati complessi, previsto giustamente dal modello alimentare mediterraneo. Inoltre chi pensa di perdere peso eliminando prodotti contenente il Glutine si sbaglia veramente di grosso: gli individui affetti da celiachia tendono a seguire un’alimentazione troppo ricca di grassi per cercare di compensare la riduzione giornaliera dei carboidrati, e questo determina un aumento dell'apporto calorico. Dunque chi non è celiaco ma mangia come se lo fosse va incontro ad un aumento di massa grassa eccessivo.
Le contraddizioni in ambito alimentare purtroppo sono all'ordine del giorno. Come lo sono le etichette ingannevoli apposte sui prodotti; ricordiamo che sono quattro gli elementi che rendono più appetibile il cibo prodotto nelle industrie: zucchero, sale, grassi e glutine. Riducendone uno o eliminarlo completamente comporta come conseguenza che le altre componenti devono essere in eccesso per poter smerciare il prodotto. Sconfiniamo poi nell'eccesso e quindi seguendo delle mode si rischia di ammalarsi seriamente: in USA si registrano inoltre casi gravissimi di giovani in cui mascherano la loro condizione patologica di Anoressia come Celiachia con conseguente Ortoressia, ovvero il controllo compulsivo dell'alimentazione, scegliendo con maniacale precisioni cibi definiti "light" e "gluten-free". Possiamo finalmente dire BENVENUTA ESTATE! Quale modo migliore di assaporare la frutta di stagione creando in cucina bevande sane e drenanti, pratiche e veloci? Dalle mode più comuni spesso possono nascere spunti utili. Rivisitando alcune modalità di preparazione di bevande ho stilato per voi una serie di "ricette" per così dire, da fare in casa oppure fuori. Se decidiamo di prepararli in casa però dobbiamo saper usare la frutta seguendo alcuni piccoli accorgimenti prima di utilizzarla. Preparazione della frutta: Prima di tutto è consigliabile reperire frutta (e verdura) da contadini di fiducia o in grandi catene di supermercati (preferire cibi certificati, provenienti dall'Italia e controllati). Lavare bene la frutta prima di sbucciarla è sempre un gesto che previene ogni altro passaggio; io consiglio di lasciare in ammollo la frutta per qualche minuto in acqua e bicarbonato o in alternativa in amuchina o simili (poche gocce). Dopodichè sia se si frullerà, si taglierà in pezzi o si centrifugherà, levare il grosso della buccia e dei semi (ove possibile). Porre la frutta in un contenitore pulito. Infine si può passare alla preparazione della nostra bevanda. Cosa sono gli SMOOTHIES: Smoothie è una parola inglese che indica semplicemente una bevanda a base di frutta (ma anche verdura). Si chiamano così perchè smooth in inglese vuol dire “leggero” e infatti la loro consistenza è abbastanza densa e la presenza del ghiaccio garantisce che siano freddi ma non gelati. Utilizzare frutta di stagione è sempre consigliato. Ma d'estate nel reparto frutta e verdura troviamo anche MANGO, PAPAYA, AVOCADO, COCCO.. Ovvero la più comune frutta esotica che può esser abbinata ai nostri preparati a base di frutta. Il tutto però in modo sapiente e consapevole. Unire infatti frutta molto calorica, in particolare dopo i pasti, non fa bene a nessuno. Quali sono le combinazioni migliori per degli Smoothies? Ai frutti rossi:
Tropicale:
Energy:
E così via. Ce ne sono veramente molte di combinazioni, queste sono certamente bilanciate anche a livello calorico. Certamente la banana è quasi immancabile, perché dona allo smoothie la caratteristica consistenza vellutata, ma vanno bene altri frutti dalla consistenza simile come pere, meloni, frutti tropicali come mango, papaya o kiwi, pesche, albicocche o mele polpose. Per il colore e un pizzico di sapore aspro invece bisogna puntare sui piccoli frutti come fragole, frutti di bosco, mandarini. Il modo migliore per prepararli è frullare il tutto con un frullatore. Ottimi da mangiare anche per colazione; dopo aver frullato, se lo smoothie è troppo liquido, possiamo aggiungere del miele o degli sciroppi naturali. Cosa sono le ACQUE DETOX: Ovvero le famosissime "acque depurative" che stanno avendo un gran successo negli USA e che come concetto di depurazione non è assolutamente da scartare. Quello certamente che non si sa o comunque si tende a non far caso è la QUALITA' di questa frutta che viene usata interamente quindi CON LA BUCCIA. Purtroppo la maggior parte dei pesticidi e dei veleni si concentrano tutti proprio nella parte esterna del frutto. Per cui ATTENZIONE alla frutta che acquistate! Il procedimento è molto semplice. Si lascia in infusione la frutta intera per quella piccola o in pezzi per quella più grande in un barattolo di acqua tiepida-calda per una notte intera. Il giorno dopo si mette in frigo e si può gustare fredda. Il cubetto di ghiaccio è quasi d'obbligo in questo caso. Una delle versioni più efficaci prevede l’utilizzo del limone, cetriolo, zenzero e menta. Questo mix è un vero alleato per eliminare i chili di troppo e combattere la pelle a buccia d’arancia.
Cosa sono i LIGHT COCKTAILS? Ovviamente tutti conosciamo cosa sia un Cocktail. Ma non tutti sappiamo quanto possono essere a lungo andare dannosi e molto ma molto calorici. Cosa fare dunque in vista di aperitivi o serate d'estate dove rinunciare ad una bevanda alcolica sembra davvero una tortura? Per prima cosa se potete, scegliete un cocktail a base di frutta, che contenga vitamine, acqua e meno zucchero. Seconda regola, non abbinare a questo stuzzichini fritti, patatine, arachidi. Meglio preferire verdure grigliate o pesce. Quindi ecco qui una piccola lista di Cocktails abbordabili dal punto di vista calorico e meno pesanti:
Infine se nell’happy hour avete davvero esagerato provate a depurarvi un po’ nei giorni successivi, ad esempio mangiando un bel passato di verdura solamente a pasto, oppure una macedonia di frutta condita con il solo limone. Infine non dimenticatevi mai di consumare ogni giorno almeno due litri d’acqua per aiutare l'organismo nella depurazione. Quali sono i cibi utili per migliorare la memoria e mantenere il cervello attivo? Scopriamolo!4/23/2016 Tutti sappiamo che una vita tranquilla, fare un minimo di attività fisica e una alimentazione corretta sono indice anche di una vecchiaia più serena e duratura. L'organo che in primis cammina lentamente verso una progressiva degenerazione è il nostro cervello. Anche un’istruzione il più adeguata possibile, un’infanzia vissuta a pieno, figure genitoriali positive e punti di riferimento come i nonni, possono essere di grande aiuto: pare infatti che la perdita di uno dei due genitori entro i primi cinque anni di vita del bimbo costituisca un importante fattore di rischio da non sottovalutare nello sviluppo delle patologie neurodegenerative. Che una dieta equilibrata fosse utilissima a mantenersi in salute in tutti i sensi, quindi anche sul piano intellettivo, lo sappiamo da tempo tutti quanti. E' noto che consumare le cinque porzioni di frutta e verdura giornaliere apportano vitamine e sali minerali utili anche per l'attività sinaptica e cerebrale. Vi sono alcuni micronutrienti fondamentali proprio per mantenere il cervello in salute:
E' curiosa inoltre e più recente la scoperta secondo cui l’intelligenza delle donne farebbe addirittura la differenza nella vita degli uomini che vivono in coppia con loro! L' alimentazione femminile sembrerebbe giocare ruolo fondamentale per mantenere il cervello giovane ed attivo intellettualmente: è stato dimostrato che due porzioni di frutti di bosco a settimana, come fragole, more, ribes o mirtilli, aiutano a contrastare il declino cognitivo (Margaret Rayman - Università del Sussex). I frutti di bosco (o frutti rossi) sono ricchi di proantocianidine, sostanze che difendono il cervello dall’effetto delle tossine e sono in grado di contrastare l’attività dannosa dei radicali liberi. Queste aiutano anche in caso di perdita di memoria o declino delle abilità motorie. Infine, una bella sorpresa che forse, viste le molteplici proprietà scoperte negli ultimi decenni, farà piacere al lettore: il cioccolato – o meglio il cacao amaro – ha un effetto anti invecchiamento ed antiossidante, grazie alla presenza dei fenoli in particolare i flavanoli, i quali hanno un ruolo fondamentale nel contrastare i radicali liberi e contribuiscono ad un effetto anti-età anche della pelle ma soprattutto contrastano le malattie cardiovascolari, ictus e arteriosclerosi. Per aiutarci ad avere una memoria di ferro possiamo concederci, ogni tanto, 25-30 gr di cioccolato fondente (almeno con il 50% di cacao per definirsi tale).
"I risultati finali dello studio, pubblicati su Nature Neuroscience, hanno mostrato che il gruppo con un’alta assunzione di flavanoli aveva ottenuto punteggi significativamente superiori nel test della memoria. Secondo il dottor Small, se un partecipante aveva la memoria tipica di un sessantenne all’inizio dello studio, dopo tre mesi di assunzione di flavanoli la persona aveva mediamente la memoria tipica di 30 o 40 anni d’età. Sebbene gli autori avvertano che i risultati hanno bisogno di essere replicati in uno studio più grande, era comunque evidente che i composti del cacao hanno effetti benefici sulla memoria." (Fonte: lastampa.it) L'acqua è vita. Fonte inestimabile. Il vero oro terrestre è lei. Eppure i potenti della terra non sono riusciti ancora a renderla disponibile per tutti. L'acqua migliore è ovviamente quella che sgorga dalle sorgenti. Ad oggi è già complicato trovare sorgenti naturali con acqua microbiologicamente pura, figuriamoci, purtroppo, ad averle sempre a disposizione per una popolazione intera. L'acqua potabile che ci viene fornita nelle nostre case non è sempre ottimale per ciascun individuo. Ad esempio quelle acque ricche di calcio fanno bene per le ossa dei giovani ma certamente è controindicata per soggetti che soffrono di calcoli. Pertanto se si decide di bere l’acqua nelle bottiglie di plastica sarebbe opportuno controllare prima le etichette. Per svariati motivi che ho riassunto qui di seguito. Le lettere presenti nel simbolo del riciclo, come PP e HDP, ci dicono tanto sulla plastica stessa. Questo è quello che bisogna sapere:
L'etichettatura ci fornisce moltissime informazioni. La cosa fondamentale è saperla leggere. Dunque su cosa è necessario focalizzare la nostra attenzione?
E’ una regola di comportamento saggia, consultare il parere di un nutrizionista e di un medico prima di acquistare un’acqua con caratteristiche particolari quando si hanno dubbi o a maggior ragione se si è affetti da una qualche patologia importante. Moltissimi di voi recentemente mi stanno chiedendo cosa penso riguardo all'acqua "alcalina" o "alcalinizzata". Mi sto aggiornando per fornirvi più informazioni corrette possibili su questo tema. Al momento ho sentito troppi pareri contrastanti quindi non appena mi sarò fatta una mia idea fondata e con documentazione attendibile alla mano vi informerò sicuramente.
Come promesso qualche articolo fa, ecco qui la prima parte dell'elenco con la descrizione dettagliata del BEST OF delle spezie. Ve le presento una ad una: PEPERONCINO, ZENZERO e CURCUMA. Può esser riassunto semplicemente così: efficacia terapeutica ad ampio raggio d’azione. E cioè? Il peperoncino è un portentoso farmaco naturale, capace, a volte anche di contrastare un numero notevole di situazioni patologiche. Esempio: l'assunzione di peperoncino può contribuire alla prevenzione dell'arteriosclerosi e non solo, infatti è anche una buona cura preventiva dell'infarto e delle malattie cardiocircolatorie. Manifestazioni allergiche ed intolleranze a parte, ovviamente, risulta essere un vero toccasana. A livello storico: usato nell'antichità per conservare il cibo; è originario dell'America e nasce come spezia per dare sapore ai cibi. E' ricco di capsaicina (la stessa molecola responsabile del suo sapore violento e piccante presente tra l'altro anche nella paprika e nel pepe di Cayenna, entrambe ricavate dal peperoncino), di vitamine A, B2, C, E, PP e olii essenziali. Come pianta, è facilmente coltivabile e si adatta a diversi climi; può essere coltivato nel vaso e sul terrazzo, l'importante è che sia pienamente esposto al sole. Nei periodi più freddi, è meglio ad ogni modo tenerlo al riparo in quanto non sopporta bene un clima troppo rigido. Il consumo quotidiano del peperoncino può essere fino ad un grammo per ogni 10 Kg. di peso corporeo; in altri termini, un uomo di 70 kg. dipeso corporeo, può consumare, durante una giornata, fino a 7 grammi di peperoncino. Questo, poi, deve essere aggiunto crudo ai cibi, ridotto in polvere . Il peperoncino ha proprietà antibiotiche, antibatteriche ed antiossidanti ad opera dei flavonoidi e capsaicinoidi. E' anche molto utile nella cura di raffreddore, bronchite e sinusite; combatte la fermentazione, la formazione di gas intestinali e il passaggio delle tossine nel sangue. Ha infine proprietà vasodilatatrici ed anticolesterolo. Curiosità: infinite varietà di peperoncino sono presenti nel mondo, ma qual è il peperoncino più piccante al mondo? Si chiama "Carolina Reaper", originario del Sud Carolina (America). Le virtù dello zenzero sono fantastiche. Si presenta come un tubero di forma decisamente irregolare, più o meno allungato e bitorzoluto, con colore variabile dal marroncino al giallo pallido. Favorisce la digestione ed aiuta l'organismo a depurarsi. E' ottimo per la preparazione di tisane da assumere per la cura e la prevenzione di mal di gola, raffreddore e influenza. Lo zenzero, sia fresco che essiccato, (Zingiber officinale Roscoe, 1807) pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia botanica del Cardamomo) è originaria dell'Estremo Oriente. Studi scientifici ne hanno dimostrato l'efficacia come antidolorifico in caso di artrite. Contribuisce a ridurre cellulite, ritenzione idrica, gonfiori e ristagni acquosi, entrando di diritto tra le spezie brucia-grassi, oltre che molto salutari. Principi attivi: gingeroli (amari e pungenti), insieme ai loro derivati (zingerone e shogaoli) e ai componenti volatili dell'olio essenziale (1-3%: sesquiterpeni come lo zingiberene e B-bisabolene, insieme a vari monoterpeni). Utilissimo in casi di Dispepsia ed affini (eruttazione, gonfiori di stomaco, nausea, meteorismo e flatulenza). Le dosi giornaliere utilizzate variano da 0,5 a 4 grammi di radice al giorno. In alternativa, lo zenzero è facilmente reperibile sottoforma di rizoma (radice) essiccato. In cucina è indicato in particolare per piatti a base di carne, cacciagione e pesce, ma è perfetto anche accostato ai crostacei, come condimento o sotto forma di salse. Poiché ha un'azione antiossidante sui grassi, può essere usato anche come conservante naturale di cibi. Curiosità: si usa persino per la produzione di birra e altre bevande fermentate e per produrre sciroppi e aromatizzare biscotti o dolci fatti in casa, nonchè usato per la bevanda anti-infiammatoria che io consiglio a tutti, che trovate descritta cliccando qui in questo mio articolo precedente. La curcuma è una spezia ormai famosissima dal colore giallo-arancio che presenta numerose proprietà benefiche per il nostro organismo. Pianta erbacea, perenne, rizomatosa della famiglia delle Zingiberacee, originaria dell'Asia sud-orientale e molto usata come spezia soprattutto nella cucina indiana, medio-orientale e tailandese. La dose consigliata di curcuma da assumere ogni giorno va da 3 a 5 grammi, quindi circa un cucchiaio o poco meno. Numerosi studi però hanno portato alla conclusione che il nostro organismo fa difficoltà ad assorbire questa spezia (ovvero è poco bio-disponibile) dunque si suggerisce di assumerla, come condimento, insieme ad un pizzico di pepe nero (basta una puntina di cucchiaino) o in alternativa un grasso (ad esempio l’olio extrav. d’oliva). Questa spezia, il cui principio attivo più importante è certamente la curcumina, è poi in grado di sostenere il fegato nelle sue funzioni, favorisce inoltre la digestione ed è un potente antiossidante. Questa spezia è in grado di rinforzare il nostro organismo e il sistema immunitario, e di prevenire il diabete di tipo 2. Molto interessante anche l’azione su cervello e sistema nervoso: basterebbe, secondo studi recentissimi, un solo grammo al giorno di curcuma per potenziare la memoria (pare inoltre che migliori la capacità del cervello di auto guarirsi in caso di danni, come quelli in seguito a un ictus). Ultima ma non meno importante la scoperta Americana che prova l'efficacia della curcuma nel contrastare il cancro: la curcumina pare che riesca a bloccare l'azione di un enzima ritenuto responsabile dello sviluppo di tumori nella zona della testa, del collo e del cavo orale. Le sue proprietà anti-tumorali tuttavia sono note già sin dai tempi antichi e questo, sinceramente, non ci stupisce affatto. Curiosità: in cucina può esser utilizzata quasi su tutto: dalla pasta alla carne, alle verdure, latte e biscotti. Per mantenere al meglio le proprietà di questa spezia è bene utilizzarla a crudo, ovvero metterla solo a fine cottura, evitando così la dispersione di alcuni dei suoi principi nutritivi. "L'agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, vuole promuovere la biodiversità dell'ambiente in cui opera e esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati (OGM)." Fonte: Wikipedia Oramai si parla ovunque di Biologico. Si legge dappertutto. Cos'è la Certificazione? E l'Accreditamento? Si può classificare tutto come tale seriamente? E se sì, perchè specificarlo? Quale dicitura è DAVVERO attendibile? Che ruolo hanno ad oggi le etichette esposte sui prodotti che compriamo? Cosa c'è di reale dietro una semplice scritta: "NATURAL-BIO-ECO-ORGANIC"? E allora di quali prodotti dobbiamo fidarci? Cos'è la CERTIFICAZIONE? In Italia abbiamo gli Enti chiamati "Organismi di Controllo" (OdC) autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ad effettuare i controlli diretti nelle aziende e a certificare le produzioni biologiche ( D.M. 220/95). Dopo essersi informati presso professionisti si può fare "domanda" per inserirsi nel settore ed avere il riconoscimento di " AZIENDA BIOLOGICA in CONVERSIONE " e successivamente ad un periodo di conversione si diventa "AZIENDA BIOLOGICA". Queste aziende comunque devono avere e rispettare certi pre-requisiti (esempio: il non uso di pesticidi) per poter esser classificate come tali. Ogni Organismo Certificatore utilizza i suoi parametri. L'Organismo che certifica un'azienda e quindi successivamente un prodotto, deve essere ACCREDITATO da ACCREDIA. Quali sono questi parametri? Gli alimenti biologici devono, ad esempio, essere trattati SENZA aromi artificiali, coloranti o dolcificanti e non possono contenere organismi geneticamente modificati (OGM), questi ultimi ritenuti “incompatibili con il concetto di produzione biologica” (Regolamento (CE) N. 834/2007). "Secondo la regolazione europea, un prodotto bio può ottenere la certificazione se almeno il 95% dei suoi ingredienti è stato prodotto in maniera biologica, utilizzando cioè – durante le diverse fasi di produzione – esclusivamente sostanze autorizzate e ricorrendo a pratiche e procedure conformi ai requisiti normativi. " Fonte: verduredistagione.it Cos'è ACCREDIA? ACCREDIA è l'UNICO Ente NAZIONALE di accreditamento designato dal Governo Italiano, ossia l'unico ente riconosciuto in Italia ad attestare che gli organismi di certificazione ed ispezione, i laboratori di prova, anche per la sicurezza alimentare, e quelli di taratura abbiano le competenze per valutare la conformità dei prodotti, dei processi e dei sistemi agli standard di riferimento. ACCREDIA opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico e svolge un servizio di pubblica autorità, in quanto l'accreditamento è un servizio svolto nell'interesse pubblico ed un efficace strumento di qualificazione dei prodotti e servizi che circolano su tutti i mercati. L' ACCDREDITAMENTO è affidabile? L'accreditamento garantisce che i rapporti di prova e di ispezione e le certificazioni (di sistema, prodotto e personale) che riportano il marchio ACCREDIA siano rilasciate nel rispetto dei più stringenti requisiti internazionali in materia di valutazione della conformità, e dietro una costante e rigorosa azione di sorveglianza sul comportamento degli operatori responsabili (Laboratori e Organismi). Chi sono gli Organismi Certificatori Italiani? Bioagricert S.r.l. Bios S.r.l. CCPB S.r.l. ICEA QCertificazioni S.r.l Sidel S.p.A. Suolo e Salute S.r.l. Quale dicitura è attendibile? Sono attendibili le diciture in cui in etichetta riportano uno di questi Organismi, con tanto di bollino della Certificazione ed altre informazioni che permettono al consumatore del prodotto di comprendere che quello che sta per acquistare è un prodotto BIOLOGICO. Che ruolo hanno ad oggi le etichette?
Le etichette sono fondamentali per comunicare queste informazioni così importanti, ma i consumatori sanno che cosa dovrebbe esserci scritto? I produttori sono tenuti per legge a fornire ai consumatori europei determinate informazioni, che devono essere stampate sulla confezione o su etichette attaccate ai prodotti alimentari. Il nome con cui un prodotto viene venduto non deve essere fuorviante né generare confusione. Sulle etichette ora non bastano più le categorie di ingredienti (per es. "olio", "formaggio", "verdure"), e deve essere indicato l'effettivo tipo di olio, formaggio o verdure. Devono inoltre essere indicati, senza eccezioni, gli allergeni conosciuti. Perchè il BIO costa di più? Riporto un esempio: "Con il concime chimico, soprattutto azotato, le rese per ettaro sono alte ed omogenee. Il concime chimico stimola l'assorbimento di acqua e si raccolgono quantitativi maggiori facendo fare "peso" anche a piante che naturalmente non raggiungerebbero un peso minimo per essere vendute. Con la concimazione organica, più costosa, l'effetto è molto minore. L'altro grande problema nella coltivazione degli ortaggi è liberarli dalle erbe infestanti. Nel convenzionale questa pratica viene effettuata con il diserbo, mentre nel biologico con sarchiatura meccanica e a mano. Nel bio, inoltre, deve essere fatta la rotazione colturale in modo da poter ripristinare l'equilibrio e la fertilità del suolo, con un costo generale per l'azienda alto, considerando che queste rotazioni, generalmente, non sono praticate nella coltivazione convenzionale." Fonte: ecor.it Ma dov'è finito il vero BIO? Sono del parere che ormai il Vero Biologico non ci sia quasi più. O meglio. C'è. Lo stiamo re-inventando con questi sistemi. Ma quello autentico? Che fine ha fatto? I nostri nonni mangiavano davvero BIO. Se chiediamo a loro, ce lo sapranno spiegare con parole semplici. Così come era la loro vita prima dell'arrivo della tecnologia. Ad oggi la Certificazione viene usata per garantire la genuinità di un prodotto, cosa che in realtà dovrebbe essere garantita a prescindere. C'è un ritorno alla TERRA che non è altro che un ritorno, si spera, al passato, ma con la tecnologia, quella utile e giusta, del futuro. Ci si può fidare allora del Biologico? Sì e no. Dipende dai punti di vista. Certamente un prodotto Certificato è più controllato di uno che una certificazione non ha. Ci sono infatti moltissimi prodotti su cui leggiamo BIOLOGICO-NATURALE-ORGANICO-GREEN che non ha nulla a che vedere con il bollino della certificazione. E che quindi risultano molto fuorvianti. Dunque il prodotto BIOLOGICO è quello unicamente con certificazione ben visibile. Non basta la scritta. Ma conviene acquistare cibo BIO Certificato proveniente da AGRICOLTURA UE-EXTRA UE? Effettivamente molti prodotti, latte ed altri cibi freschi ad esempio, provengono ad esempio dalla Germania. Sì, certificati, ok. Ma paghiamo il viaggio che il prodotto fa. E questa agricoltura rispetta, estendo estera, i parametri del paese in cui viene prodotta la merce. Dunque come scegliere? Il mio consiglio è di prediligere sempre prodotti MADE IN ITALY, CIBI ITALIANI, DI AGRICOLTURA ITALIANA E PRODOTTI LOCALI a KM0. Riassumendo con una tabella PRO e CONTRO del Bio: DIETA. Dal greco: diaita = modo di vivere; nel secondo significato, dal latino: dies, giorno. Nell'antichità della medicina greca la dieta, prevedeva regole che disciplinavano TUTTI gli aspetti della vita quotidiana: dall'alimentazione, all'esercizio fisico, al riposo. Non una terapia dimagrante straordinaria, ma un ordine da osservare con diligenza per aver cura costante della propria vita. Purtroppo la concezione attuale è quella del rimedio temporaneo verso l'eccesso dei periodi di festa, oppure quella imposta dai medici a fronte di patologie specifiche. Ad ogni modo, nulla di sereno come poteva essere un tempo - ma è un senso che si può recuperare, no? Inutile illudersi, le diete temporanee non funzionano, ma è ciò che corregge a poco a poco l'abitudine, l'inclinazione, il gusto (e perciò il modo di vivere) che ha successo duraturo. Il termine "dieta" è in grado dunque di suscitare un sentimento di amore e odio. Ma sacrifici e rinunce fanno da padroni. Ma tutte le diete sono consigliate per tutti? E a tutte le età? E tutte funzionano a prescindere? NO. La dieta, o meglio regime alimentare, è strettamente personale. E decisamente viene valutata in modo mirato al tipo di problematica/situazione specifica. Vi sono inoltre alcune diete a cui non dar retta per nessun motivo. Di seguito riporto uno stralcio tratto da un articolo su Vanity Fair, che nonostante non sia una rivista ovviamente scientifica, risulta esser molto veritiero. Le diete da non seguire "Sono quelle miracolose e che promettono di dimagrire in poco tempo. Funzionano sì, ma a breve termine e sono dannose per la salute. La parola dieta è una delle più cercate dalle donne su Google, del resto nel motore di ricerca se ne possono trovare almeno 150 dal nome proprio... Rimane il fatto che spesso, pur di riuscire a dimagrire, si incorre in regimi alimentari troppo restrittivi e poco bilanciati. Con il rischio di perdere peso solo momentaneamente e di danneggiare la salute. L'equipe del Instituto Medico Europeo de la Obesidad di Madrid ha individuato quali sono le cinque diete da evitare assolutamente in questo 2016. Tra le diete ci sono quelle che eliminano del tutto i carboidrati, le diete detox prolungate e quelle basate sull'assunzione di un unico ingrediente principale e che possono quindi creare dei deficit nutrizionali da non sottovalutare. Ecco perché. • Le diete mono-cibi Ovvero quei regimi alimentari che si concentrano su un unico alimento come la dieta del limone, dell'uva o della mela. Fanno dimagrire in fretta ma creano dei deficit nutrizionali importanti. Il rischio di queste diete, infatti, è di perdere massa muscolare e di recuperare i chili persi (se non di più) non appena si torna a mangiare normalmente. • Le diete super restrittive Come quelle da 500 calorie, le cosiddette diete last minute. Oltre ad agire negativamente sull'umore generando stress e stati d'ansia, non fanno bene alla salute e a lungo termine compromettono il dimagrimento. Cosa succede infatti al nostro corpo? Per reazione l'organismo mette in moto i meccanismi di sopravvivenza e rallenta il metabolismo per poter sfruttare la poca energia che riceve e trasformare tutto quello che può in grasso di riserva. • Le diete iperproteiche Diete che utilizzano preparati proteici come sostituti dei pasti principali e che limitano quasi a zero l'assunzione dei carboidrati. Sono pericolose perché creano uno stato di chetosi, per cui per sopperire ai cali di glucosio, l'organismo prende l'energia dalle proteine, danneggiando reni e fegato. Ecco perché durante le diete iperproteiche è consigliato bere bevande purificanti aggiuntive per smaltire le tossine in eccesso. • Diete Detox Le diete a base unicamente di centrifughe di frutta e verdura sono un carico di vitamine e sali minerali, ma che sono assolutamente da evitare per periodi prolungati. Devono essere seguite solo per un massimo di 48 ore e per depurare l'organismo non con l'obiettivo di dimagrire. • Le diete con zero carboidrati Eliminare del tutto i carboidrati vuol dire togliere al corpo la fonte principale di glocosio e quindi di energia. L'effetto è la perdita di massa magra e di acqua." Fonte: Vanity Fair Dimagrire in modo sano ed intelligente. E poi controllare il peso. Senza stress nè paure nè troppe restrizioni. Anzi, ogni tanto è giusto concedersi un minimo di gratificazione da cibo. Un jolly io la definisco. Una piccola coccola. Una grande consolazione. Poichè stare a regime non deve diventare un'agonia o una sofferenza. Ci vuole il giusto equilibrio e se non si è in grado da soli di affrontare tale percorso, meglio affidarsi ai consigli di un professionista.
Oggi riporto qui di seguito uno stralcio molto interessante. Il tema è proprio l'attacco di fame, che prende in modo improvviso e a volte incomprensibile. Conoscendone invece l'origine e le motivazioni, possiamo iniziare ad affrontarlo e ad arginarlo. Troverete di seguito anche alcuni consigli utilissimi per cercare di risolvere il problema. Sapersi controllare è importantissimo se vogliamo stare in salute sia mentalmente che fisicamente. Buona lettura! "Il meccanismo della fame è una funzione evolutiva necessaria alla sopravvivenza ed è legata ai centri del piacere; gli stessi che, senza preoccuparsi delle conseguenze per l’organismo, ci spingono a esagerare con snack dolci e pasti fuori orario. Quando si tratta di cibo, esistono diversi modi per controllare gli attacchi e dunque rafforzare la consapevolezza di quello che stiamo facendo, permettendoci di capire se la voglia è dettata da un effettivo bisogno del corpo (a corto delle sostanze contenute in quegli alimenti) o da fattori emotivi. Quando è fame vera Quando l’ energia della prima colazione si esaurisce prima del previsto e l’ ora del pranzo sembra ancora troppo lontana, oppure quando stai esagerando con il taglio delle calorie, il desiderio di buttar giù qualcosa è più che legittimo. Quando è fame nervosa Molte persone, quando si sentono un pò giù o sono più ansiose del solito, vanno alla ricerca di una caramella, un cioccolatino o un pacchetto di crackers. Le loro giornate si trasformano così in uno spuntino continuo, dannoso sia per la linea che per la salute. In questo caso, non si tratta di vera fame, ma di fame nervosa. Se la fame improvvisa capita sempre nei momenti in cui ci sentiamo meno gratificati o in periodi di particolare stress si tratta quasi certamente di fame psicologica che nasce dall’ esigenza di sopperire, con la gratificazione del palato, alle mancanze (anche affettive). Il cibo, in questi casi, non viene gustato ma divorato, badando più alla quantità che alla qualità. Genesi della fame emotiva Alcuni studiosi hanno ipotizzato la causa dei comportamenti alimentari anomali: essi ritengono che la fame nervosa si sviluppi nella prima infanzia. Secondo questa teoria, è essenziale che la mamma capisca quando il bambino avverte un reale bisogno di mangiare e quindi soddisfi la fame porgendogli il seno o il biberon, evitando di offrirgli il cibo quando il pianto infantile non è effettivamente una conseguenza della fame. Se questa giusta interpretazione della mamma non si verifica, è probabile che il figlio crescerà senza essere capace di elaborare una giusta identificazione della fame e non saprà distinguere tra questa ed altre sensazioni. Così, nell’età adulta diversi stati d’animo come l’ansia, la tensione, la collera verranno interpretati nel modo sbagliato con conseguente assunzione eccessiva di cibo. Implicazioni emotive della fame nervosa La fame per noia La pausa caffè al lavoro, lo sgranocchiare della casalinga, lo spuntino dello studente: sono esempi di situazioni nelle quali il cibo diventa valida ragione per distrarsi da attività sentite come pesanti e monotone. La noia non è associata a dei sintomi evidenti, è quindi difficile identificare il vero problema. E’ quindi utile programmare attività piacevoli, non impegnative e, quando questo non fosse possibile, cercare di svolgere le attività noiose in un luogo dove non vi sia del cibo disponibile. La fame per rabbia Divorare qualcosa per non divorare qualcuno, sembra essere il motto di chi sfoga sul cibo frustrazioni, gelosie, risentimenti. Quando un’ emozione forte come la rabbia non può essere espressa, forse perché sentita come troppo pericolosa, il cibo diventa lo strumento che placa. Generalmente questi sentimenti derivano dal fatto che il soggetto non riesce ad ottenere ciò che desidera e, quindi, mangia per scaricarsi e per sfogarsi. Il soggetto talvolta soffre di dolori allo stomaco o ai muscoli. Per risolvere questo problema bisogna imparare a gestire la rabbia e per ottenere questo risultato esistono varie tecniche: la prima consiste nell’esternare la rabbia, perché se il soggetto non impara a non reprimere il sentimento, è probabile che si troverà a mangiare senza controllo nei momenti in cui è arrabbiato; un altro sistema consiste nel lavorare sui pensieri irrazionali che producono questo stato emotivo. La fame per mancanza Il cibo come compagno di una vita solitaria. Insoddisfatti di sé, o troppo timidi, i mangiatori solitari scelgono di relazionarsi prevalentemente con il cibo, che non chiede nulla, non giudica, ed è sempre a disposizione. La fame per ansia Quando le preoccupazioni per il futuro, per un compito da svolgere, per un evento importante, si fanno sentire troppo, e sembrano paralizzare i pensieri e le azioni, il cibo sembra diventare il tranquillante migliore, dà un risultato immediato e non richiede sforzi. Anche la depressione si accompagna spesso ad attacchi di fame ansiosa di quei cibi, come i dolci, che evocano ricordi piacevoli e migliorano temporaneamente lo stato d’animo. Per aiutare queste persone è necessario innanzitutto identificare le emozioni e la loro sequenza, i pensieri e le circostanze che creano l’ansia e quindi discutere e modificare in modo razionale l’atteggiamento mentale. La fame per tristezza Cercare di superare un dolore, un momento di sconforto, una delusione, qui il cibo richiama il suo potere consolatorio. In questo caso i dolci che sono chiamati in causa maggiormente, anche per il loro potere di evocare le antiche consolazioni materne. Per aiutare i mangiatori tristi la prima cosa che si può fare è identificare e modificare il loro pensiero irrazionale, tenendo presente che i sentimenti di queste persone non sono determinati dall’evento, ma piuttosto dai loro pensieri nei confronti dell’evento stesso. Un altro aiuto per il mangiatore triste deriva dall’esercizio fisico continuativo, che genera un miglioramento del tono dell’umore, anche quando il soggetto si nasconde dietro pensieri del tipo “non sono uno sportivo” o “è troppo faticoso”. E’ bene ricordare che gli effetti benefici si hanno anche soltanto camminando con frequenza e conducendo una vita più attiva, non è necessario praticare un’attività fisica estenuante. La fame per sensi di colpa In questo caso la condotta alimentare ha solo uno scopo punitivo: il cibo ingoiato in grandi quantità ed in poco tempo fino a sentire dolore viene usato per punirsi. La persona usa il cibo per soddisfare una pulsione masochistica perché si sente sbagliata e non meritevole. Attacco in arrivo! Se gli attacchi di fame sono molto rari (una volta o due l’anno) può anche essere che l’umore e l’emozione non c’entrino per niente. E non c’è da preoccuparsi troppo. Ma quando la fame nervosa si presenta frequentemente (una o due volte la settimana per qualche mese) può essere utile tenere un diario alimentare sul quale prendere nota del giorno e dell’ora dell’attacco e, soprattutto, dello stato emotivo in cui ci troviamo e delle condizioni che potrebbero averlo scatenato. Il diario ben compilato andrebbe poi portato al proprio medico per trovare insieme una soluzione, anche perché gli attacchi troppo frequenti possono comportare eccessi di assunzione di cibo che, a lungo andare, si ripercuotono sul peso corporeo e sulla salute in generale. Per fortuna, riconoscendoli in tempo anche con l’aiuto del diario, gli attacchi di fame nervosa possono essere controllati e, spesso, anche eliminati del tutto. E chi pensa di non farcela può sempre farsi aiutare da un dietologo o da uno psicologo esperto in questi disturbi. O, meglio ancora, da entrambi. Pronti al contrattacco Per prima cosa è bene sapere che ci sono rimedi alternativi al cibo che possono aiutare a sconfiggere le emozioni negative. Per esempio, se la causa è l’ansia o lo stress si può ricorrere ad alcune attività come lo yoga, la meditazione, le tecniche di rilassamento corporeo o anche, più semplicemente, un po’ di attività sportiva regolare e costante. Ci sono anche degli accorgimenti e dei cibi che possono aiutare a contrastare l’attacco di fame nervosa. Per esempio, se l’attacco arriva a breve distanza da un pasto è quasi certo che non si tratti di vera fame e, quindi, ci si può preparare per tempo al contrattacco. Una mossa vincente è sicuramente quella di non saltare mai i pasti. Per esempio è buona abitudine fare sempre la prima colazione in modo da non essere sorpresi dalla fame mentre si sta lavorando o studiando o sbrigando le faccende domestiche. In casa la probabilità di trovare del cibo gradito è molto elevata e, quindi, quando si fa la spesa è meglio evitare di fare provviste di dolciumi, cioccolato, pane, focaccia, creme e salse dolci o salate da spalmare sul pane, caramelle, biscotti o altri cibi tentatori. Invece, si possono acquistare molte verdure salutari e ipocaloriche come i finocchi, le carote e il sedano che, in caso di attacchi ravvicinati, si possono sgranocchiare crudi, senza alcun condimento e con la certezza di non farci danno. Un’altra buona abitudine è quella di bere molta acqua nell’arco della giornata: oltre a migliorare le funzioni intestinali e urinarie l’acqua aiuta a riempire i vuoti di stomaco. Mangiare pasti piccoli e frequenti durante il giorno, masticando sempre lentamente, servirà non soltanto a migliorare la digestione, ma anche a sentirsi sazi in un tempo abbastanza breve. dormire di più, quando possibile, è molto utile. Meglio ancora, se prima di coricarsi si beve una bella tisana calda e rilassante. O anche un buon bicchiere di latte caldo, parzialmente scremato e senza zucchero." Fonte: Psicoadvisor Dunque se avete letto attentamente, la fame vera tutt'altra cosa rispetto agli attacchi che possono attanagliarci durante il giorno. Il fisico, partendo dal cervello, ha bisogno ovviamente di nutrimento. Ci da dunque segnali inequivocabili avvisandoci, come può, della necessita di cibarsi. Tutto inizia dal sistema nervoso, che collegato con tutto il nostro corpo, quindi anche con lo stomaco, ci indirizza verso il frigo. Fin dall'antichità si afferma che la pancia è la sede delle emozioni e dell' inconscio; ma per potere avere queste funzioni, occorre che la pancia abbia un "cervello" che possa elaborare i dati autonomamente da quello superiore, recenti scoperte (studi di neuro-gastroenterologia) hanno confermato che il cervello enterico esiste, eccome e che esso funziona autonomamente da quello superiore! Come sempre più spesso succede, la medicina naturale e popolare, non solo non ha torto, ma addirittura viene sempre più confortata dalle ricerche e scoperte della scienza.
L'olio di palma rientra nella famiglia dei grassi vegetali e si ricava da palme coltivate esclusivamente in regioni tropicali umide. Oggi la maggior parte della produzione proviene da due paesi: l’Indonesia e la Malesia. Questi due rappresentano insieme l’87% della fornitura mondiale. Ci sono tre categorie di olio di palma: grezzo, raffinato e olio di palmisto. L'ultimo è ottenuto dai semi del frutto della palma. Gli altri due dal frutto stesso. Fra i tre il peggiore è senz'altro quello raffinato perchè mentre il grezzo presenta una componente di grassi saturi ma anche una gran porzione di buoni antiossidanti, quello raffinato viene talmente privato di questa componente benefica contenendo quindi solo una grande quantità di grassi dannosi per la nostra salute. L’olio di palma contiene 47% di grassi saturi, una percentuale buona rispetto al contenuto di altri grassi di simile applicazione: cocco (92%), burro (66%), burro di cacao (62%) e sego (54%). Inoltre, nei prodotti alimentari l’olio di palma è spesso utilizzato con altri grassi e oli che insieme determinano la composizione degli acidi grassi e l’eventuale effetto sulla salute. Ma fa davvero male? Ormai la psicosi da olio di palma si legge ovunque e dilaga spesso anche per colpa della nostra ignoranza per io semplicissimo fatto che non siamo preparati ad affrontare discorsi in cui compaiono paroloni come grassi saturi non idrogenati. Purtroppo però di tali questioni ancora se ne parla poco correttamente o peggio spuntano di continuo dibattiti di cui se ne occupano persone non proprio preparate. Occorre sempre ben documentarsi con materiale attendibile e farsi una idea seria prima di trarre conclusioni. Ma andiamo con ordine. Secondo un recente studio dell' Università di Bari le conseguenze dell'assunzione PROLUNGATA e QUOTIDIANA dell'olio di palma potrebbero essere gravi, l'olio di palma potrebbe infatti favorire disturbi cardio-vascolari ed il diabete di tipo 2. Ma non tutti gli esperti sono concordi e su questo già tempo fa era tornata la polemica, con la trasmissione Report. Riguardo alla sua sospetta cancerogenicità: il rischio consiste nel momento in cui un olio ricco di grassi saturi raggiunge il punto di fumo, ovvero durante la cottura, tendendo a generare composti pericolosi per la salute potenzialmente cancerogeni. Ma pare che l'olio di palma sia tra quei pochi oli che genera una piccola quantità di componenti dannosi rispetto ad altri. Dove lo troviamo? Quasi in tutti i cibi confezionati che acquistiamo al supermercato. Un esempio banale? Merendine, biscotti, crackers, brioches, margarina, dolciumi, gelati, creme spalmabili, addirittura in alcuni tipi di pane e cereali. Praticamente quasi ovunque. Dunque per chi ha intenzione di evitarlo ad oggi sembra quasi impossibile! Secondo la mia esperienza il troppo di tutto fa male. Non bisognerebbe eccedere a prescindere. E' anche vero che non consiglierei affatto ad un soggetto in sovrappeso di abbuffarsi di biscotti confezionati! Il dato veramente preoccupante è un altro. Riporto qui una parte di un articolo presente su Il fatto alimentare: "«La situazione non è proprio rosea e i lavori scientifici lo evidenziano – spiega Anna Villarini biologa nutrizionista presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Una raccolta di studi condotta dai ricercatori e nutrizionisti italiani...su oltre 50 lavori diversi e pubblicata nel 2014 su The American Journal of Clinical Nutrition, evidenzia che il consumo abituale di olio di palma fa aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi (leggi documento). Non solo, il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono ( HDL) aumenta, per cui alla fine si assiste a maggiori livelli di colesterolo cattivo. Un altro elemento evidenziato è la maggiore presenza di colesterolo cattivo nel sangue tra gli abituali consumatori di olio di palma, rispetto alle persone che impiegano altri grassi decisamente più salutari come l’olio extravergine di oliva." Quindi l'olio extravergine di oliva Italiano resta e resterà comunque un olio vegetale sano e dalle preziose proprietà organolettiche praticamente imbattibili sulle nostre tavole. Resta da comprendere e da affrontare la questione etica e sociale: l’olio di palma è il secondo olio vegetale più prodotto al mondo secondo solo all’olio di soia. Riguardo ai due principali produttori, Malesia e Indonesia: il grado di biodiversità è sempre più minacciato dal disboscamento di foresta pluviale, abbattuta al ritmo di 2,8 miliardi di ettari durante un solo anno per la creazione di piantagioni di palme con incendi sistematici ed soprattutto incontrollati: si calcola che tra il 1997 e il 1998 l’entità delle emissioni di anidride carbonica derivante dagli incendi in Indonesia equivaleva al 40% delle emissioni prodotte globalmente per la combustione di carburanti fossili nell’intero anno. Tale conversione alla monocoltura, già di per sé gravissima, si trascina dietro la distruzione di ecosistemi e l’eliminazione di specie animali numerose e rare. La questione è dunque assai delicata. E’ improponibile parlare di sostenibilità tralasciando la quantità; è impossibile mantenere i consumi attuali parlando di produzione sostenibile. Quindi si tratta di porre attenzione sia alla nostra salute che alla salvaguardia di vari ecosistemi che sono, ad oggi, completamente in bilico, al limite quasi. Occorre essere consapevoli e fare dunque delle scelte giuste per l'intera umanità poichè siamo parte di essa. Ricordiamo inoltre però che se da un lato mangiare una nota crema spalmabile può causare aumento di peso, squilibri ormonali e successivi problemi circolatori, è anche vero che la quotidianità porta al danno, non la sporadicità. E quindi la scelta del NON mangiare un prodotto contenente olio di palma dovrebbe dipendere in primis dalla nostra coscienza e dalla consapevolezza che le alternative esistono (olio di cocco, olio di semi di lino, olio extravergine di oliva che saranno approfonditi successivamente) ed ovviamente dalla nostra condizione fisica e di salute che in alcuni casi diventa prioritaria per la sopravvivenza dell'individuo stesso. Fonte: http://ilfattoalimentare.it/ |
Dott. ssa Serena FioravantiI miei approfondimenti per una sana e corretta alimentazione Archivi
Novembre 2018
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